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DOORNOT. QUANDO LA PASSIONE PER IL PIANOFORTE UNISCE
Tre musicisti, tutti della provincia di Treviso, a simbolo di una voglia di fare musica che non arriva solo dalle grandi città e dai luoghi di respiro più internazionale.
Roberto Sant aka Airbas si occupa di produzione, synth, campionamenti e drums; Simone Sandre delle chitarre elettriche e del basso; Alessandro Omiciuolo aka Skaf, del pianoforte, dei synth e della batteria. Ma è una l’esperienza determinante in comune che fornisce la base di partenza per un percorso musicale condiviso: quello davanti ad un pianoforte in giovane età. E il pianoforte continua ad essere un grande protagonista della loro musica.
I DoOrnot, dopo anni di collaborazioni reciproche su più fronti, sono nati artisticamente come gruppo un paio di anni fa. I loro tre background musicali diversi sono esattamente la loro forza: perché è dalla diversità e dall’incontro di generi differenti che scaturiscono nuove forme espressive e dense di fascino e significato. “Ci siamo incontrati in momenti diversi e per esigenze diverse. Airbas da produttore ha iniziato a collaborare prima con SKAF e successivamente dopo qualche anno con Simone Sandre. Negli anni i rapporti si sono consolidati e le varie esperienze in studio hanno permesso anche di creare quella complicità nel gusto che poi ha portato a fare una cosa nuova insieme”.
Aggiungono: “Tutti e tre amiamo il pianoforte ed abbiamo la possibilità di poter lavorare in studio su un Schiedmayer Grand Prix del 1904. Restiamo tutt’ora innamorati di quel suono che fondiamo con gli altri strumenti molto più moderni che vanno da un Akai MPC a un Kemper Amps per le chitarre”.
Molte volte i progetti artistici rimangono puro desiderio per lungo tempo, ed è un evento determinante a fare scattare la voglia di soddisfarli e renderli concreti, mettendo fine alla più classica delle scuse e degli impedimenti all’atto pratico, quella di “non avere tempo”.
L’evento determinante per loro è stato quello di una richiesta per una ghost production sul genere: in questa occasione i DoOrnot si sono resi conto di poter sviluppare un progetto nuovo e interessante, e “Quite Right”, il loro album di debutto, ne è il risultato. Un titolo evocativo: “”Quite Right” è un titolo ironico che quasi si contrappone alle atmosfere malinconiche dell’album. Prende il titolo dall’omonimo brano e da spazio alla libera interpretazione su cosa veramente sia “perfettamente giusto” o chi abbia “perfettamente ragione”, opponendosi al fatto che non per forza le atmosfere cupe o malinconiche debbano essere interpretate sempre in maniera negativa”. Un album curatissimo: “Cerchiamo di curare al meglio la produzione.
La cura del dettaglio per noi a volte può voler dire essere alla quinta stesura di un brano e lavorare ancora sulla necessità di togliere elementi vecchi per aggiungerne di nuovi. Un lavoro da un lato interessante ma dall’altro piuttosto frustrante, che a volte porta a risultati soddisfacenti. Altre, ci costringe a fare un passo indietro e ricominciare da capo”. Ogni brano intende trasmettere sensazioni ben distinte, e le sfumature più frivole o scherzose sono state evitate volutamente. Ma che per il futuro, non sono escluse del tutto.
Un suono il loro, che viene dall’intero panorama musicale, senza limitazioni.
Per ispirarsi infatti, ascoltano di tutto e non esiste una vera e propria reference, anche se i dischi sempre pronti di fianco al giradischi sono quelli di nomi come i Groove Armada, Air e Pink Floyd.
I grandi classici sono comunque per loro un forte punto stabile, e arrivano da un’epoca che considerano magica, quella degli anni ‘70 e ‘80: dagli Alan Parsons Project ai Depeche Mode. Spiegano: “Prima di produttori siamo e siamo stati i tipici nerd che negli anni ‘90 si recavano al negozio di dischi una volta alla settimana per accapparrarsi quel disco del momento difficile da trovare, cosa che poi negli ultimi anni per ovvi motivi si è un pò affievolita, purtroppo”.
Nel panorama musicale di oggi seguono in particolare i nuovi artisti che vanno via via affermandosi in vari generi musicali, spaziando dall’elettronica alla musica black fino alla scena indie. “Per questo, ci piace Villahangar, incontrata tramite una demo mail nel 2015, perché non è monotematica ma aperta anche a sfide come questa. Ci conosciamo ormai da molti anni e non è solo un’etichetta discografica: la consideriamo un pò come una seconda casa”.
I DoOrnot, dopo il loro album di debutto, sono già nella fase raccolta delle idee per un nuovo disco, mantenendo la spinta creativa data dal lockdown che ha permesso loro di chiudere “Quite Right” esplorando spazi, sensazioni, suoni, sfumature, emozioni. E continueranno per tutta l’estate 2020, al lavoro rinchiusi in studio. Portando avanti anche i loro progetti paralleli che non si fermano, tra quelli storici e quelli nati da poco. “Continuiamo a lavorare e poi si vedrà, la musica dal punto di vista produttivo della scrittura non può essere una cosa statica e calcolata ma è un’evoluzione continua”.
Diversi sono anche i loro obiettivi individuali. Per il gruppo però, sperano di esportare i loro lavori facendoli conoscere il più possibile anche tramite TV e Cinema.